Con sentenza dello scorso 1° luglio 2021 il Giudice di Pace di Roma ha accolto il ricorso proposto avverso il verbale di accertamento redatto a seguito di una violazione dell’art. 126 bis comma II C.d.S. per inosservanza dell’obbligo di comunicazione dell’autore di una precedente infrazione.
Nel caso in esame il Comando accertatore, aveva ritenuto incompleta e, pertanto, inidonea a sollevare dall’adempimento prescritto il soggetto obbligato, la documentazione allegata alla comunicazione, in quanto il proprietario del veicolo aveva provveduto ad allegare la fotocopia del solo permesso internazionale a guidare e non anche la copia della patente di guida del conducente.
Pertanto, il proprietario del veicolo proponeva ricorso rilevando, quale unico motivo, l’insussistenza dell’infrazione contestata con il verbale opposto in quanto i dati personali e della patente del conducente erano stati correttamente indicati, non sussistendo ai sensi dell’art. 126 C.d.S., alcun obbligo di allegazione di documenti, non prevedendo deroghe neppure nei casi in cui il conducente sia titolare di patente rilasciata da altro Stato, sia esso europeo o extraeuropeo.
La comminazione di una sanzione in tal caso sarebbe pertanto illegittima in quanto la prassi di irrogare la sanzione non già, solo, nei casi in cui la dichiarazione manchi del tutto ma, altresì, nei casi in cui essa sia stata effettivamente e validamente eseguita -seppur con allegazioni che, benché non richieste dal dettato normativo, vengono ritenute incomplete ed inidonee a far venire meno gli effetti sanzionatori previsti – risulta derivare da una interpretazione che lungi dall’essere meramente estensiva ovvero sistematica, finisce, con un volo pindarico, per assumere le vesti di una eterointegrazione illegittima del dettato normativo.
Secondo il ricorrente, l’operato degli enti accertatori che ritiene necessario, a pena di inidoneità a sollevare l’obbligato dall’adempimento di cui all’art. 126 bis C.d.S, l’invio di documentazione ulteriore rispetto a quella richiesta dalla legge, risulta destituito di ogni fondamento giuridico sia sostanziale che fattuale in quanto, appare essere lesiva sia del principio dalla certezza del diritto – in virtù del quale ogni persona deve essere posta in condizione di valutare e prevedere, in base alle norme generali dell’ordinamento, le conseguenze giuridiche della propria condotta – sia, del principio di legalità esplicitato, per quel che è qui di interesse, nell’art. 23 Cost. a mente del quale “nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge” nonché dal principio di tipicità e la riserva di legge dell’illecito amministrativo, sancito dall’art. 1 l.n. 689/1981, che prevede che in materia di sanzioni amministrative, l’illecito e la relativa sanzione debbono essere introdotti da fonti del diritto primarie, con possibilità di eterointegrazione delle stesse solo mediante fonti del diritto secondarie, dalle quali è esclusa la prassi.
Il ricorso de quo ha trovato infatti accoglimento proprio sulla base del fatto che in giudizio fosse stata prodotta copia della comunicazione tempestiva dei dati del conducente da parte del titolare del veicolo, da cui scaturiva la prova del tempestivo adempimento dell’obbligo di comunicazione previsto dalla norma in esame non prescrivendo in alcun modo, in ossequio al principio di legalità di cui all’art. 1 della legge n. 689 del 1981, anche un obbligo di allegazione di copia della patente di guida riportata alla comunicazione da inviare all’organo di polizia che procede.
In buona sostanza, estendere l’applicabilità dell’art. 126 co. 2 bis C.d.S. ai casi in cui alla comunicazione dei dati non sia allegato anche il documento, ovvero ai casi in cui la documentazione sia presente ma ritenuta incompleta, equivale ad attribuire all’ente accertatore la facoltà di creare nuovi illeciti amministrativi, illegittimi in quanto non previsti dalla legge.
Avv. Kelly Louis Iacopino